mercoledì 12 maggio 2010

Lo vuoi un caffè? #168 - La risacca

L'attesa
take whit iphone camera by arzach

E’ curioso con in certi luoghi e in certi momenti della giornata sembri di essere sulla riva del mare ad osservare la risacca.
Come sulle spiagge la risacca trascina a riva e abbandona detriti di ogni tipo – bottiglie di plastica, galleggianti, vecchie scarpe … - cosi l’onda lunga e frenetica del mattino ritirandosi, abbandona nei corridoi del tribunale e nelle strade intorno al palazzo di giustizia una risacca umana.
Sul finire della mattinata, infatti, nelle aule di udienza, diradatasi la marea delle giacche grigie e blu degli avvocati, riemerge l'umanità meno elegante e più dimessa ma egualmente dignitosa, se non di più, dei clienti.
Ma non si tratta dei clienti importanti che - come sempre e come ovunque - hanno un trattamento di riguardo – non si sa mai … - ma degli altri, degli ultimi
Persone che spocchiosi colleghi, spesso di sinistra quanto può esserlo Berlusconi, e con la puzza sotto il naso trattano il minimo necessario e facendosi scudo di praticanti e procuratori per non contaminarsi.
Si tratta di signori dai capelli grigi che attendono pazienti e in gruppo di sapere della loro causa, di signore dai capelli tinti e con la borsetta stretta sotto il braccio smarrite in attesa da ore sulla poltroncina nel corridoio per rendere la loro testimonianza in una remota causa civile, di un ragazzo in carrozzella che fa fatica a tirare su le mani e che attende, pazientemente, che il luminare delle scienza medica venga a rendere al giudice i chiarimenti sulla sua perizia troppo frettolosa e che tutti fingono di non vedere.
Nell’androne del palazzo mamme con passeggini e bambini al seguito vengono fermate all'ingresso e il loro bagaglio controllato da un solerte vigilante mentre accanto un fiume di giacche e cravatte entra senza alcun controllo.
Se uno volesse in questo edificio potrebbe fare una strage; gli sarebbe sufficiente indossare una bella giacca ed una cravatta in tinta, assumere un aria sicura di se e poi far detonare l’esplosivo trasportato nella borsa in qualche aula o tirare su tutto quello che si muove con una mitraglietta nascosta sotto il soprabito.
Qua e la stranieri di colore infreddoliti anche ad Agosto si aggirano, guardati con sospetto da tutti, alla ricerca dell’ufficio giusto al quale rivolgersi per un certificato.
All’ingresso, alla cancellata, spesso stazionano mendicanti timidi che chiedono l’elemosina -"una moneta... per mangiare" - e signori dai vestiti improbabili ed incongrui e con evidenti problemi mentali oppure semplicemente troppo soli e bisognosi di scambiare solo due chiacchiere.
Mi mette addosso una inquietudine strana tutta questa solitudine, tutto questo vuoto…
Ma, come tutti, accellero il passo per non sporcarmi le scarpe nuove nei detriti della risacca.

Lo vuoi un caffe?" – chiede quello
“…no…non ne ho voglia” – risponde l’altro

4 commenti:

millacamilla ha detto...

Ecco, ho avuto conferma di ciò che pensavo: hai la sensibilità giusta e pronta a lasciar emergere in modo ancora più potente e audace il mondo interiore di ciò su cui posi il tuo occhio da fotografo.

arzach ha detto...

@ pippi e millacamilla: grazie sono commosso assai...

annathenice ha detto...

concordo con i commenti precedenti.
Un post 'serio' che guarda con il cuore un tribunale.
la cosa ti fa sempre più onore
Anna

arzach ha detto...

@ anna the nice : grazie sono sempre più commosso