martedì 4 ottobre 2011

Lo vuoi un caffè? # 262 - Vengo dopo il Tiggì....


Cheney Mason, avvocato di Casey Anthony accusata di aver ucciso la figlia e di averla seppellita in un bosco, si rivolge alla stampa che aveva scommesso sulla colpevolezza della donna dopo l'assoluzione della sua cliente.

Da ieri sera non si fa che parlare della sentenza di assoluzione per Amanda e Raffaele.
Non c’è stato nessuno tra chi è venuto in studio, con appuntamento o senza, o tra chi mi ha contattato telefonicamente, indipendentemente dalla plausibilità della motivazione addotta, che non mi abbia chiesto un parere su questa benedetta vicenda.
Mi sono diplomaticamente trincerato dietro un anodino “Aspetto di leggere le motivazioni della sentenza“ anche perché di questo processo, come di tanti altri processi celebrati con rito televisivo, francamente me ne sono volutamente disinteressato a differenza di tanti che quotidianamente sentono un insopprimibile bisogno fisico di esprimere il loro parere sull’argomento.
Compreso il redivivo Alfano che ha prontamente colto l’occasione per cazziare - inutilmente!- a modo suo ancora una volta i giudici perdendo una preziosa occasione per tacere.
Questo è stato solo a mio parere l’ennesimo processo mediatico nel quale le opinioni espresse in Tv da star e starlette più o meno scosciate, da esperti e sedicenti tali, dai parenti degli imputati e dagli avvocati impegnati nel processo, con particolare predilezione a quelli della difesa possibilmente agganciati politicamente, hanno avuto un ruolo fondamentale nell’orientare l’opinione pubblica in senso innocentista o colpevolista – come allo stadio - e ad incasinare i fatti rendendo di fatto impossibile capire qualcosa se non attraverso una lunga e postuma ricostruzione della vicenda fatta sui documenti processuali reali e non sulle registrazioni di “Porta a Porta”.
A me hanno insegnato che i processi si fanno in Tribunale e che i media dovrebbero informare e non fare spettacolo.
Per cui aspetto di leggere le motivazioni della sentenza prima di parlare.
Se non altro per rispetto delle vittime.

"Lo vuoi un caffè?” – chiede quello.
"Si .Ma a proposito tu cosa ne pensi di…” – domanda l’altro.

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