domenica 22 dicembre 2019

Life on Mars- Requiem



Non ci vuole un grande spirito di osservazione o una piccola svedese per capire che siamo  su una brutta strada e che, allegramente, come i passeggeri della famosa nave affondata durante il viaggio inaugurale, stiamo andando più o meno inconsapevolmente incontro al baratro.
Questo pensiero non mi abbandona mentre sullo schermo del computer scorrono le immagini del disastro.
Le immagini di centinaia di alberi secchi, morti, sradicati ridotti a legna da ardere dopo, spesso, secoli  di onorato servizio, scorrono sullo schermo senza un suono.
Per uno che appartiene questa terra è del tutto naturale considerare gli ulivi che sfilano ai bordi delle strade, che punteggiano i campi di terra rossa parte integrante della propria esistenza, una parte di sé come le mani o i piedi.
Quasi degli amici o dei parenti ai quali si è molto affezionati e ai quali si vuole molto bene.
Sarà per quel loro venir fuori da terra e di rimanervi aggrappati in maniera così faticosa, dura…
Sarà per lo sforzo fatto rimasto impresso indelebilmente, in maniera traumatica, nel legno dei loro tronchi contorti.
Sarà per il ricordo della fatica fatta per nascere alla luce del sole che ci ricorda le amarezze e le gioie della vita.
Sarà perché ci sono sempre stati prima di noi e per questo abbiamo sempre fidato della loro eternità pensando che sarebbero rimasti lì per sempre a far la guardia anche dopo che l'ultimo di noi fosse andato via.   
Proprio perché fidavamo la loro immortalità, nella loro eternità muta, nulla ci aveva preparato allo scempio odierno.
La semplice visione di un filmato girato con un telefonino da un'automobile in marcia sulla statale della durata di 2- 3 minuti è sufficiente a lasciare senza fiato, muti, a far salire le lacrime agli occhi.
La desertificazione del mare grigio verde  che dal Salento a nord di Bari copre questa terra a causa degli errori della politica, delle resistenze degli agricoltori, dell'incapacità degli ambientalisti, dei veti incrociati tra opposte fazioni è oramai vicina a un punto di non ritorno.
Un piccolo focolaio di infezione, prontamente individuato, è divenuto la causa scatenante dell'evento epocale del quale siamo testimoni quello della fine di un mondo e di una civiltà - quella contadina dell'olio - tanto celebrata, quanto negletta.:  
È triste pensare che se le cose non cambieranno al più presto, e dubito che lo facciano, presto qui sarà tutto un deserto .
Un deserto infinito di giganti morti e trasformati in legna da ardere.
Non ci vuole una grande intelligenza o una piccola svedese per capire che siamo sull'orlo di del baratro.

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