Appare nel vano della
porta come la versione femminile dell’omino della Michelin a stento contenuta
dai vestiti tesi allo spasimo, sul punto di lacerarsi.
Caracolla pesantemente verso
la scrivania zoppicando vistosamente, tutta sbuffante, paonazza in viso e si
accascia a peso morto sulla sedia che geme dolorosamente ma in qualche modo resiste.
L’espressione sul viso
non lascia presagire niente di buono e conoscendo la capacità di lamentela infinita
della signora X e considerando il tempo trascorso dall’ultima volta che è venuta
in studio non ci vuol molto a concludere che sarà un lungo pomeriggio di
passione nel quale bisognerà dar fondo a tutte le riserve di pazienza
disponibili.
Mi arrocco dietro la
maschera di un severo atteggiamento professionale sperando di cavarmela.
“Come va signora?” – le
chiedo per rompere il ghiaccio.
“Non sto bene” - comincia
lei incredula quasi per il fatto di poter finalmente dare sfogo alle sue geremiadi
- “Non riesco più a lavorare, non riesco più a vestirmi da sola, non posso fare
più tutta una serie di movimenti” e conclude con un apodittico: “Non sono più
quella di una volta”.
Ora mi perdonerete l’assoluta
mancanza di bon-ton e, magari, mi accuserete anche di sessismo come va di moda
ultimamente però lo devo dire: la signora non è mai stata la copia, neppur malfatta,
di Monica Bellucci piuttosto, se devo pensare ad un “prima” della signora mi
viene in mente solo un mobiletto dell’Ikea montato male o la versione ridotta
di un dirigibile.
Fortunatamente non si accorge
del mio attimo di mancamento, leggasi di ridarella a stento trattenuta, e
continua imperterrita: “Avvocato non riesco più a piegarmi in avanti. Se non mi
crede le faccio vedere… Se faccio cadere un foglio di carta per terra non
riesco più a raccoglierlo”.
Sento il sangue
defluire dal mio volto e cerco di dissuaderla dal darmi dimostrazioni pratiche circa le limitazioni fisiche mentre l'immagine della signora bloccata in una posizione equivoca al centro del mio studio mi crea indubbiamente non
pochi disagi.
“Neanche se mi metto in ginocchio poi riesco
più alzarmi. Vuole vedere?” - continua imperterrita e mentre, come la vita ad
uno che sta per morire passa intera davanti a gli occhi, a me passano davanti
agli occhi i numeri telefonici di emergenza della Croce Rossa, del Pronto
Soccorso e dei Vigili del Fuoco senza riuscire a decidere chi chiamare
nel caso decidesse di esibirsi in qualche prova pratica bloccandosi in una posizione altrettanto equivoca della
prima e occorresse chiedere soccorso.
Mentre cerco una via di
fuga da questa situazione mi pare di vedere come in un incubo la faccia
violacea a causa delle risate a stento trattenute del mio collega di studio, d’ora
in avanti simpaticamente indicato come il “merdaccia”, con quale divido la
titolarità della pratica della signora, ma non degli oneri derivanti,
galleggiare nell’aria alle sue spalle.
Credo dovrò rivedere al
più presto i criteri di ripartizione degli utili per certe situazioni
introducendo una voce nel tariffario del tipo: “Indennità di sopportazione” o,
meglio, una “indennità di sopravvivenza”.
Anche del collega
ovviamente…
Maledetto…
“Lo vuoi un caffè?” - chiede
quello
“Versalo in un bicchiere
di whisky” - risponde l’altro
1 commento:
Ottima foto complimenti
Maurizio
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