domenica 14 luglio 2019

Lo vuoi un caffè? #452 -Auto Bang!



Sophia Loren
Ieri, oggi e domani

A volte, in questo mestiere, capita di avere a che fare con delle autentiche teste di marmo.
Ci sono però delle situazioni nelle quali è difficile, davvero difficile.
L’altro giorno, ad esempio, mi sono ritrovato in studio due signori, marito e moglie, entrambi sulla quarantina, abbronzatissimi, sportivissima lei-praticamente in costume da bagno- ed elegantissimo lui-in bermuda e infradito
Sulle prime ho pensato che volessero chiedermi, dato l’abbigliamento informale dei due, un consiglio sui locali più trend da frequentare poi, con mia grande sorpresa, mi hanno chiesto come avviare una pratica di invalidità a nome del marito.
In questi casi si tratta di consigliare il cliente tenuto conto della somma dei suoi guai fisici e mentali
Esistono in materia, infatti, delle tabelle che elencano tutte o quasi le patologie dalle quali una persona può essere afflitta, fornendo un quadro inquietante della fragilità umana. Al punto che uno si domanda come ha fatto l'uomo sapiens a divenire la specie dominante della pianeta e a non estinguersi, magari, a causa di una "immunodeficienza secondaria conclamata con evidenza di infezioni opportunistiche o tumori correlati" oppure di una "glomerulonefrite ereditaria".
Le tabelle, inoltre, oltre alla elencazione delle patologie, collegano ad ognuna di esse una determinata percentuale relativa alla riduzione della capacità lavorativa.
Combinando tra di loro i criteri contenuti nelle tabelle si riesce a capire, con un certo anticipo, se l'interessato ha una qualche possibilità di accedere alla pensione di invalidità oppure no.
Un professionista, mediamente esperto, è capace di "prevedere" con un certo anticipo quale sarà l'esito di una domanda di questo tipo e consigliare, per conseguenza, al meglio il cliente.
Una capacità predittiva della quale ho, modestamente, una certa esperienza dopo tanti anni di lavoro nel settore.
Il problema è far capire a chi ci si trova di fronte, come questi due, un cristone alto due metri in bermuda e infradito e la sua truccatissima e abbronzatissima compagna, entrambi, beati loro, in perfetta salute che no, il cristone non può pretendere di avere la pensione di invalidità potendo vantare solo una tendinite al piede destro.
Cosa che non gli impedisce, peraltro, di andare a correre ogni mattina i suoi bravi dieci km per mantenersi in forma, come lui stesso si vanta.
"Ma mio cugino"- insiste lei sporgendosi pericolosamente in avanti sul piano della scrivania -" ha presentato la domanda e la pensione la ha avuta subito, nessuno gli ha fatto problemi e non aveva niente di più rispetto a mio marito ".
Sospiro. Forse altro anche gli occhi al cielo cercando una espirazione divina.
La signora, per quanto giovane e nel pieno del vigore fisico, credo sia affetta da una rara forma di "smemoratezza cronica con difficoltà a fissare i ricordi nel medio e lungo periodo".
Suo cugino, per inciso è stato a suo tempo mio cliente, è stato investito da un camion ed è rimasto, poveretto, completamente paralizzato.
Le rammento questa circostanza e la invito a non paragonare la situazione del cugino con quella del marito.
Lei mi guarda inorridita come se le avessi dato una pacca sul culo; e mi fa: "ma la pensione gliel'hanno data! Mica gli hanno fatto tutti i problemi che ci sta facendo lei avvocato!”.
Sospiro ancora, più profondamente. Alzo gli occhi al cielo e la Madonna mi appare sorridente e serena e mi dice soavemente: “e adesso figliuolo sono cazzi tuoi”.
Il mio diavoletto custode mi tenta consigliandomi di suggerire alla signora un sistema infallibile per ottenere l’invalidità, dato ci tiene tanto e cioè di portare suo marito, bermuda e ciabatte infradito comprese, sull’autostrada più vicina e una volta lì farlo attraversare mentre passa un autotreno.
E di aggiungere anche che in tal caso non avrei remore a suggerirle di presentare la domanda perché se sopravvivesse, l'invalidità non la negherebbe nessuno.
Quando sto per aprire bocca e proporre alla tipa questa soluzione interviene il mio angioletto custode mi tappa la bocca proprio all’ultimo minuto.
Disgraziato.
Lo so che sei il mio angioletto custode e che, sicuramente, mi vuoi bene e che fai solo il tuo mestiere, però, qualche volta, lasciami divertire un pochetto.


"Lo vuoi un caffè?"- Chiede quello.
“Non qui però. Andiamo a prenderlo su una piazzola dell’autostrada " - risponde l’altro.








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