Lei,
ex ragazza prodigio alle superiori, vincitrice giovanissima del concorso in
magistratura nei primi anni 90 quando la figura del magistrato era all’apice
della credibilità per via dell’inchiesta di “Mani Pulite ”; poi tanti anni trascorsi
in terra di mafia e di camorra, sposata con il lavoro e divorziata dal marito…
È
rientrata a casa dopo tanto tempo ed è stata assegnata ad uno sperduto ufficio a
sopportare una delle cancelliere più antipatiche di tutti i tempi.
Tutto ciò l’ha portata a chiudersi sempre più in se stessa e a rendersi universalmente antipatica all’intero orbe terracqueo, complice la presenza ostile quella spacca coglioni della cancelliera di cui sopra che non perde occasione per parlarne male alle spalle e per fare le pulci al suo operato.
Lei ha reagito stabilendo delle
tempistiche rigidissime per la trattazione delle cause a ruolo dedicando a
ciascuna di esse non più di cinque minuti di tempo ed obbligando tutti ad attendere pazientemente il proprio turno lontano dalla sua cattedra.
Lui, seconda generazione di avvocati, figlio
d’arte, parlantina sciolta e battuta pronta, allegro, coinvolgente, un “casinista”
con il quale è sempre stato piacevole avere a che fare. Adesso nel suo elegante
completo tre pezzi di colore pastello, leggermente e, sospettosamente,
abbronzato nonostante si sia ancora in inverno, gestisce con sorprendente
efficienza, alla faccia di chi lo conosce solo superficialmente, l’avviato studio che ha
ereditato dal padre.
Da
oramai oltre mezz’ora sono lì sulla cattedra che si parlano e si sorridono e
ridacchiano, fottendosene dei mugugni degli indispettiti colleghi presenti.
Lei
ha, nuovamente, gli occhi luminosi di un tempo mentre lui è particolarmente
sorridente ed affabile.
La
cancelliera, quella grande rompicoglioni lasciatemelo dire, assiste a questa
metamorfosi del giudice a bocca aperta senza riuscire a darsi una spiegazione.
La
sofisticata collega che mi siede accanto nel banco in attesa del proprio turno,
invece, sbuffa come una vaporiera e si lamenta sottovoce del tempo che il
giudice sta dedicando al collega, ovviamente sottraendolo a lei che ha tante
cose da fare.
Come si fa a spiegarle che saranno almeno trent’anni che quei due non si incontravano? E che forse hanno parecchio da dirsi?
L’ultima volta che ricordo di averli visti insieme ballavano un lento durante un ballo organizzato durante il periodo del carnevale al tempo del liceo.
Lui
era vestito da Paperino mentre lei, innamoratissima come si può essere soltanto
a quell’età, vestita da principessa delle favole gli si aggrappava con le
braccia al collo mangiandoselo con gli occhi.
Che
tempi, che tempi…
Che ne vuoi sapere tu, sofisticata collega dai capelli tinti e dal trucco pesante che a stento maschera la tua acidità?
“Lo
vuoi un caffè?” - chiede quello.
“Passami
un cioccolatino, ho bisogno di affetto” - risponde l’altra con sguardo sognante
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